ASSEGNO UNICO UNIVERSALE

assegno unico e universale

Nell’anno 2022, il mondo del lavoro  sarà segnato da alcune importanti novità che impatteranno sia sui lavoratori che sui datori di lavoro. Una di queste è l’introduzione dell’assegno unico universale (AUU).

Al fine di consentire una tempestiva pianificazione degli adempimenti per non creare disagi ai lavoratori, qui di seguito andremo ad analizzare la novità che interessano l’argomento in oggetto.

L’assegno unico universale è una prestazione mensile che sarà erogata direttamente dall’Inps ed entrerà in vigore dal 1° marzo 2022. L’erogazione avviene tramite bonifico sul conto corrente del richiedente.  Spetta a tutti i nuclei familiari indipendentemente dallo status lavorativo dei genitori (non occupati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e pensionati) e senza un limite di reddito.  L’importo è commisurato all’ISEE.

 A decorrere dal  mese di marzo 2022 non saranno più gestiti in busta paga  gli assegni per il nucleo familiare, gli assegni familiari e le detrazioni per i figli a carico sotto i 21 anni. A decorrere da tale data infatti questi emolumenti verranno erogati tramite AUU che li sostituisce, comprendendo anche il premio alla nascita o per l’adozione del minore.  Per i soli mesi di gennaio e febbraio sono prorogate le misure in essere applicate fino ad ora.  

Le domande per poter accedere all’AUU potranno essere presentate a partire dal 1° gennaio 2022. Le domande possono essere presentate in qualunque momento dell’anno e, se accolte, danno diritto all’erogazione del beneficio fino  al mese di febbraio dell’anno successivo. Tutte le domande presentate entro il 30 giugno di ciascun anno danno comunque diritto agli arretrati dal mese di marzo.

La domanda deve essere presentata:

  • Direttamente, accedendo dal sito inps.it al servizio “Assegno unico e universale per i figli a carico” con SPID almeno di livello 2, Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
  • Contattando il numero verde 803164 o il numero 06164164;
  • Tramite enti di patronato, attraverso i servizi telematici offerti gratuitamente dagli stessi.

La domanda richiede soltanto l’autocertificazione di alcune informazioni quali: la composizione del nucleo familiare e numero dei figli, luogo di residenza dei membri del nucleo familiare e IBAN di uno o di entrambi i genitori.

La domanda può essere o meno accompagnata da ISEE aggiornato. La presentazione dell’ISEE è necessaria per ottenere un assegno pieno commisurato alla situazione economica della famiglia. In mancanza di ISEE viene riconosciuto il solo importo minimo previsto.

L’AUU è riconosciuto a condizione che al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio il richiedente sia in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno:

  • Sia cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi;
  • Sia soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
  • Sia residente e domiciliato in Italia;
  • Sia o sia stato residente in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, ovvero sia titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.

Preme precisare che al fine di poter percepire l’AUU già dal mese di marzo – senza alcuna soluzione di continuità rispetto al precedente regime né, quindi, riduzione delle disponibilità economiche da quel mese – sarà necessario che gli aventi diritto si attivino per presentare le  domande di AUU.

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

Distinti saluti.

                                                                                                                                                                                    Studio Nesti

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Fondi paritetici interprofessionali

 

Fondi Paritetici Interprofessionali

Disciplina e funzionamento dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione

I Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione, brevemente “Fondi Interprofessionali”, sono organismi di natura associativa promossi dai sindacati dei datori di lavoro e dei lavoratori (Parti Sociali), alla cui base sta un meccanismo che prevede che le imprese versino lo 0,30% della busta paga di ogni dipendente quale “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria”. La somma viene accantonata dall’INPS, per poi essere utilizzata dalle aziende che fanno esplicita richiesta di aderire ad un Fondo Interprofessionale ai fini della formazione dei propri dipendenti.

Poggiano sulla Legge n° 845 del 1978, che istituiva il mutuo soccorso per sussidio di disoccupazione. Questo primo contenitore normativo ha previsto che lo 0,30% sia destinato alla formazione dei dipendenti (contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria – art. 25 della Legge n. 845/1978).

Ventidue anni dopo ha dato un secondo importante contributo dispositivo la Legge n°388 del 2000, stabilendo il diritto di ogni azienda di scegliere la destinazione di quel 30%: lasciarlo allo Stato? aderire ad un Fondo Interprofessionale per la formazione continua? Se l’azienda aderisce ad un fondo, potrà poi rivolgervisi per finanziare la formazione continua dei propri lavoratori.

Ne regolamenta il funzionamento la circolare ministeriale (Lavoro e Politiche Sociali) n°36 del 2003.

Nel 2018, gli «Indirizzi per l’emanazione di Linee Guida sulla gestione delle risorse finanziarie attribuite ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000 n. 388» approvati da ANPAL, hanno evidenziato l’urgenza di predisporre Linee Guida per la correzione di criticità normative sui fondi.

In linea generale, si aderisce ad un Fondo interprofessionale attraverso un professionista, consulente del lavoro o commercialista, che comunicherà l’adesione attraverso la piattaforma digitale dell’INPS. Nella procedura di denuncia UniEmens (ex DM/10) o DMAG, il professionista inserirà – all’interno della sezione dedicata ai Fondi (per non dirigenti o dirigenti) – il codice relativo al fondo prescelto, indicando anche il numero di dipendenti.

Attenzione, però: se l’azienda ha intanto aderito ad altro fondo sarà necessaria la revoca, prima inserendo il codice “REVO” per revocare il vecchio fondo poi aderendo al nuovo. Questo passaggio comporta la perdita delle risorse accantonate fino a quel momento ma, se effettuata apposita richiesta, le risorse sono trasferibili dal vecchio al nuovo fondo.

Aderire ad un Fondo è scelta libera e gratuita, non comporta costi per l’azienda né per i lavoratori; usufruirne è un diritto.

Ora la pratica. Qual è il meccanismo dei fondi?

Ogni impresa versa la percentuale dello 0,30% della busta paga di ogni dipendente (a partire dalla Legge n. 148 del 2011, le attività formative sono rivolte anche a lavoratori con contratti di apprendistato); facendo richiesta di adesione ad un Fondo interprofessionale, essa può destinare al dipendente il proprio accantonato.

Ciascun fondo stabilirà poi un sistema di regole con cui le aziende possono avere restituiti i contributi sotto forma di formazione continua ai propri lavoratori. Il Fondo Paritetico Interprofessionale potrà, quindi, proporre alle aziende di partecipare a piani formativi monoaziendali o interaziendali (con altre imprese). Potrà anche decidere se dare ad ogni azienda quanto essa ha versato (modello “conto formazione”) o indire bandi di gara in cui qualsiasi azienda può fare richiesta di contributo indipendentemente dal suo versato (modello “conto sistema”).

Nel dettaglio, le opportunità che gli strumenti di finanziamento per la formazione offrono in Italia sono molteplici. Di seguito.

Conto Formazione

Con il “Conto Formazione” l’azienda finanzia la formazione utilizzando le risorse accantonate con i versamenti derivati dallo 0,30% dei dipendenti. Il Fondo Interprofessionale trattiene una percentuale variabile per i costi di gestione e per il finanziamento degli avvisi. Il Conto Formazione avvantaggia le aziende più grandi (più dipendenti = più versato).

Conto Sistema (sostanzialmente avvisi)

Con gli avvisi, viceversa, si partecipa ad un bando. Le aziende che fanno richiesta di partecipazione e rispettano i vincoli dell’avviso, possono presentare un progetto che sarà soggetto a valutazione qualitativa da parte del fondo. Tramite gli avvisi, l’azienda (o il gruppo di aziende) per finanziare la formazione può (possono) ricevere importi superiori a quanto ha (hanno) accantonato.

Tra i requisiti e i vincoli alla partecipazione ad un avviso, la definizione della platea di aziende beneficiarie e delle tematiche accettate è il più comune. Ne derivano avvisi territoriali (rivolti ad un territorio specifico, ad es. regioni o macroregioni); avvisi settoriali, che si rivolgono ad aziende specifiche di un settore produttivo, e (modalità classica) avvisi generalisti, che non pongono particolari limiti di partecipazione e permettono l’inserimento di temi basici come l’informatica e l’inglese.

Va da sé che ogni avviso ha le proprie specificità rispetto alle aziende (PMI, aziende in stato di crisi, etc) e ai dipendenti (apprendisti, over 50, donne, etc) che possono partecipare.

I progetti finanziati destinati ad una sola azienda sono detti monoaziendali (è, in definitiva, la modalità più “semplice” di fruizione, perché l’azienda ne beneficia direttamente in sede). Il progetto che, viceversa, riunisce i fabbisogni di due o più aziende, è detto pluriaziendale o interaziendale.

(e Voucher)

Alcuni Fondi Interprofessionali mettono a disposizione, attraverso specifici avvisi, la possibilità di acquistare corsi a catalogo, seminari, formazione online con il “voucher formativo”, che consente all’azienda di sovvenzionare al dipendente la partecipazione anche a corsi esterni aperti al pubblico (es. Master o corsi di specializzazione).

Il panorama delle opportunità per l’azienda è, come finora dimostrato, ampio. Plurime sono pure le fonti normative che rendono l’impianto solido, benché in questo ambito risulti necessario seguire chirurgicamente le fasi di predisposizione degli strumenti di finanziamento, in particolare degli avvisi.

Evolution skills, affianca le aziende che hanno veramente capito quanto sia importante la formazione per essere competitivi nel mercato in cui si opera.

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Sospensione dell’attività imprenditoriale – lavoro irregolare – decreto fiscale

Sospensione Imprenditoriale

Lavoro irregolare, nel decreto fiscale approccio repressivo. Cosa cambia per i datori?

Con il decreto fiscale operativo dal 22 ottobre 2021, il Governo ha messo in opera un piano d’azione che ha modificato alcune norme del caposaldo rappresentato dal TUSL (Testo unico della salute e sicurezza sul lavoro, D. Lgs. n. 81/2008). Norme fondamentali come l’art. 14, contenente le disposizioni sul provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale, che è stato riscritto.

Ogni intervento legislativo ha una ratio, qui rinvenuta nella volontà di contrastare le assunzioni irregolari, così garantendo l’integrità psico-fisica dei lavoratori.

Il nuovo art. 14 del D. Lgs. n. 81/2008 – come riscritto dal Capo III (Rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), art. 13 del decreto fiscale n. 146/2021 – inserendo novità sui profili istituzionali della materia prevenzionistica, impone l’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale in tutti i casi in cui venga accertata una tra le seguenti situazioni nell’azienda ispezionata:

  • impiego “in nero” in misura pari o superiore al 10% ((in precedenza 20%) del totale dei lavoratori occupati. La nuova aliquota va calcolata sul totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’ispezione;
  • violazioni gravi delle norme contenute nell’Allegato I del D. Lgs. n. 81/2008, non più anche “reiterate” (perciò, dal 22 ottobre 2021 il datore di lavoro rischia la sospensione commettendo anche solo per la prima volta una delle violazioni).

E’ ora univoca* (l’Allegato I è stato aggiornato) l’individuazione delle gravi irregolarità presupposto per l’adozione del provvedimento interdittivo.

Quali gli ambiti applicativi?

Soggettivamente, il provvedimento interdittivo è destinato ai datori di lavoro che rivestono la qualifica di imprenditore ai sensi del Codice civile (artt. 2082, 2083).

L’adozione del provvedimento cautelare de quo è, invece, affidata al personale ispettivo dell’INL (la cui competenza viene significativamente estesa a tutti i settori produttivi); al personale delle ASL competenti per territorio, con il limite della accertata presenza sui luoghi di lavoro di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza, non anche della presenza di lavoratori irregolari; al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, con competenza esclusiva e limitata alle violazioni in materia di prevenzione incendi.

In particolare, la competenza dell’INL in ambito prevenzionistico era, “ante decreto”, semplicemente concorrente, in materia di: attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile; lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei; attività lavorative comportanti rischi elevati.

Sull’efficacia spaziale, l’Esecutivo ha circoscritto gli effetti del provvedimento alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalla violazione, che sia una sua unità produttiva o un cantiere, ecc.

Ma – altro elemento di assoluta novità – la sospensione potrà essere ulteriormente limitata: pur potendo proseguire l’attività, i lavoratori individualmente coinvolti nella mancata formazione (e addestramento) e nella violazione e mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto, dovranno essere sospesi dal lavoro.

E’, vieppiù, noto che l’approvazione del decreto fiscale ha scongiurato l’adozione di provvedimenti diretti al patrimonio o alla posizione previdenziale del lavoratore, che quindi mantiene intatti i suoi diritti.

L’efficacia temporale segue due corsie: se l’adozione deriva dall’ipotesi di lavoro irregolare, il provvedimento decorre dalle ore 12:00 del giorno lavorativo successivo (vale a dire il giorno di apertura dell’ufficio che ha emanato il provvedimento) a quello in cui è stato adottato; se, invece, l’adozione proviene da violazioni di norme prevenzionistiche, l’efficacia del provvedimento sarà immediata.

Durante il periodo di sospensione dell’attività è fatto divieto all’impresa di contrattare con la Pubblica amministrazione.

Quali le sanzioni?

L’intervento del Legislatore ha rimodulato anche le ammende pecuniarie, per cui dal 22 ottobre 2021 chi non osserva il provvedimento interdittivo viene punito con:

l’arresto fino a sei mesi, se sospeso per violazioni prevenzionistiche;

l’arresto da tre a sei mesi o la multa da 2.500 a 6.400 euro, se sospeso per lavoro irregolare.

L’importo dovuto viene raddoppiato ove nei cinque anni precedenti l’impresa abbia già subìto un provvedimento di sospensione (resta salva anche l’applicazione di sanzioni penali, civili ed amministrative).

La ripresa dell’attività produttiva seguirà necessariamente, oltreché il pagamento della somma di cui sopra, il ripristino delle regolari condizioni di lavoro.

 

Nota *

tabella

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