COMUNICAZIONE PERIODICA UTILIZZO LAVORATORI IN SOMMINISTRAZIONE

Le aziende che abbiano concluso, nel corso dell’anno, contratti con le agenzie di somministrazione sono tenute, ogni dodici mesi, a comunicare alla rappresentanza sindacale unitaria, ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi. (continua…)

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SMART WORKING: PROROGA PROCEDURA SEMPLIFICATA

LO SMART WORKING NELLA LEGGE DI BILANCIO 2023: PROROGA DELLA PROCEDURA SEMPLIFICATA AL 31 MARZO PER I LAVORATORI “FRAGILI” E CHIARIMENTI SUI TERMINI GENERICI DI COMUNICAZIONE

 

In seguito all’approvazione della Legge di Bilancio 2023, che ha esteso la possibilità per i lavoratori “fragili” di usufruire dello smart working, il Ministero del lavoro ha esteso la procedura emergenziale semplificata di comunicazione telematica fino al 31 marzo 2023, esclusivamente per suddetta categoria. Ricordiamo brevemente che la procedura semplificata, per l’attivazione e/o proroga del lavoro in modalità agile, permette ai datori di lavoro privati di richiedere ai dipendenti la prestazione dell’attività lavorativa nella suddetta modalità, con decisione unilaterale e senza stipulare un accordo individuale, come invece previsto dalla procedura ordinaria (rientrata in vigore dal 01/01/2023 per tutte le altre categorie di lavoratori). Ricordiamo inoltre che nella categoria dei lavoratori “fragili”, rientrano i dipendenti affetti da determinate patologie e condizioni individuate dall’art. 17, co. 2 del D.L. 211/2021.  Preme specificare che le comunicazioni potranno essere trasmesse entro e non oltre il 31/01/2023.

Per eventuali comunicazioni aventi per oggetto periodi compresi tra l’01 febbraio 2023 e il 31 marzo 2023 sarà necessario invece utilizzare la procedura di comunicazione ordinaria.

Per quanto concerne i termini generici entro i quali inviare la comunicazione di smart working, il Ministero del Lavoro chiarisce le tempistiche con la pubblicazione della Faq in data 23 dicembre 2022:

i datori di lavoro privati dovranno inviare la comunicazione di inizio periodo o di proroga della prestazione in modalità smart working entro e non oltre 5 giorni dall’ inizio della prestazione o dall’ inizio del periodo di proroga.

 

Per approfondimenti:

Ministero del Lavoro notizia del 31/12/2022

art.1 co. 306 della Legge 197/2022

art. 17, co. 2 del D.L. 211/2021

Faq Ministero del Lavoro del 23/12/2022

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In attesa della Legge di Bilancio per il 2023

in attesa della Legge

In attesa della Legge di Bilancio per il 2023. Il testo bollinato in Parlamento tra detassazioni, esoneri, proroghe ed emendamenti

Le disposizioni in materia lavoro contenute nella bozza bollinata della Legge di Bilancio per il 2023 intervengono in settori delicati, ora per detassare o ridurre la tassazione, ora per esonerare dai contributi o rimodulare le ipotesi di pensionamento anticipato, ora per prorogare indennità e incentivi, ora per apportare modifiche.

Il presente contributo, nel rammentare che il Ddl Bilancio è all’esame dei due rami del Parlamento, fornirà un quadro d’insieme delle numerose misure indirizzate ai datori di lavoro/sostituti d’imposta e ai lavoratori.

Il primo tra gli articoli dedicati è il 14 – “Detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di alimenti e bevande” – il quale stabilisce che nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, le somme (c.d. “mance”) riversate ai lavoratori anche con mezzi di pagamento elettronici, sono da considerarsi redditi di lavoro dipendente. Sono, perciò, soggette ad imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali comunali (pari al 5 per cento), entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro e in riferimento ai lavoratori del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore a 50 mila euro. Sono somme che restano escluse dalla retribuzione imponibile ai fini previdenziali, assistenziali ed assicurativi. Non vengono computate ai fini del calcolo del TFR.

L’applicazione della sostitutiva è demandata al sostituto d’imposta (datore).

Il successivo articolo 15 – “Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti” – semplicemente riduce al 5 per cento l’aliquota di tale imposta in relazione a premi di risultato e somme erogate nel 2023. L’aliquota originaria è il 10 per cento. Lo sconto percentuale trova applicazione per i lavoratori del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, a 80 mila euro.

Un lungo salto in avanti tra le previsioni di norma per giungere ad una terza misura in materia lavoro: si tratta dell’articolo 52 – “Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti” – inserito nel quadro degli interventi nelle politiche sociali. Dispone, limitatamente ai periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno 2023, l’esonero contributivo sulla quota di invalidità, vecchiaia e superstiti a carico del lavoratore dipendente del settore pubblico e di quello privato. La bozza riconosce tale esonero nella misura di due punti percentuali con i modi e criteri già definiti e, purché la retribuzione imponibile (parametrata su base mensile per tredici mensilità) non superi l’importo mensile di 1.538 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre del rateo di tredicesima, di un ulteriore punto percentuale.

La “pensione anticipata flessibile” è ospitata dall’art. 53 – “Disposizioni sul trattamento di pensione anticipata flessibile”. E’, si sa, una misura introdotta in via sperimentale per il 2023, alternativa alle altre ipotesi di pensionamento anticipato. Chi consegue il diritto entro il 31 dicembre 2023 potrà presentare istanza anche successivamente. Al trattamento hanno accesso coloro che: hanno raggiunto un’età anagrafica di almeno 62 anni; hanno un’anzianità contributiva di almeno 41 anni (“Quota 103). Una battaglia vinta, la concessione di Quota 103, anche se limitata nel tempo.

Ma per chi resta attivo, tardando l’andata in pensione, in alternativa viene in aiuto un bonus: sparisce ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro in relazione alla quota a carico del lavoratore. La somma corrispondente alla quota di contributi a carico del lavoratore gli viene pagata interamente. Il meccanismo comporta, in sintesi, il beneficio di un bonus sullo stipendio che varia in ragione dell’inquadramento contributivo e del contratto di lavoro (art. 54).

Della “Quota 103” è stabilito possano beneficiare i lavoratori pubblici e privati ovvero, per le forme gestite da INPS, i lavoratori autonomi e parasubordinati. Non anche il personale militare delle Forze armate, delle Forze di polizia a ordinamento civile e il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Si badi che, al fine di disincentivare il ricorso eccessivo a “Quota 103”, il trattamento conseguito in virtù della fattispecie sperimentale viene riconosciuto, in una prima fase, nel limite massimo mensile di importo corrispondente al quintuplo del valore lordo mensile del trattamento minimo richiesto dal regime generale INPS. La successiva liquidazione – secondo i criteri di calcolo ordinari – ha luogo dal mese in cui si avrebbe diritto al trattamento in ragione della disciplina della pensione di vecchiaia (dal mese che segue quello in cui vengono compiuti 67 anni, salvo casi specifici).

Disposizioni di dettaglio sono previste sui criteri di calcolo, sui termini dilatori per la decorrenza della prestazione e sui limiti di cumulo con redditi da lavoro.

Una clausola di salvaguardia fa salve le norme che fissano requisiti più favorevoli in materia di accesso al pensionamento.

Si noti che fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, il trattamento liquidato non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo se non con i redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale (nel limite di 5 mila euro lordi annui).

Ciò che, infine, esclude il ricorso alla misura sperimentale è trovarsi in contesto di procedura di prepensionamento. Viene abrogata la disciplina che istituisce un Fondo destinato a favorire l’uscita anticipata dal lavoro, su base convenzionale, dei lavoratori che hanno almeno 62 anni di età e i dipendenti di imprese di piccole e medie dimensioni che siano in crisi.

E’ nell’art. 55 la proroga del c.d. “Ape sociale”, indennità rivolta ai sessantatreenni non titolari di pensione diretta, fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia o fino all’ottenimento della pensione anticipata.

Una ulteriore proroga riguarda (art. 56 del ddl Bilancio in commento), la misura c.d. “Opzione donna”, con la previsione di un incremento dell’età pensionabile: le lavoratrici devono maturare entro il 31.12.2022 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni; anagrafica pari a 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio nel limite di due anni. Devono anche possedere – al momento della richiesta – un requisito di tre alternativi, vale a dire:

  1. assistere da almeno sei mesi il coniuge o un parente di 1° grado convivente con handicap grave, o un parente o affine di 2° grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano 70 anni almeno o siano affetti anch’essi da patologie invalidanti o deceduti o mancanti;
  2. avere una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%;
  3. essere licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione di una crisi aziendale presso la struttura della crisi d’impresa. In questo ultimo caso, l’età anagrafica deve corrispondere a 58 anni, a prescindere dal numero di figli.

Un incentivo a sé (art. 57, c. 1-3 e 6) – riconosciuto, in alternativa all’esonero di cui all’art. 8, dl n. 4/2019 per l’assunzione dei percettori di RdC, fino a dodici mesi e nel limite di 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, anche in caso di trasformazione in contratto a tempo indeterminato del contratto a tempo determinato purché avvenuta dall’1.1.2023 al 31.12.2023 – è quello che viene riconosciuto ai datori che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC).

In sintesi, si tratta dell’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a loro carico (escludendo premi e contributi dovuti all’INAIL), ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L’esonero non riguarda i rapporti di lavoro domestico.

Altra procrastinazione interessa gli incentivi under 36 e donne svantaggiate (art. 57, c. 4-6), estesi alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023. L’esonero, si ricorderà, è totale (100% dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro privato), riconosciuto nel limite massimo di 6 mila euro annui, riparametrati e applicati su base mensile, e per un periodo massimo di 36 mesi (48 per le assunzioni in una sede o unità produttiva delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna.

Il comma 5 del predetto articolo del ddl, fa slittare di un anno (fino al 31.12.2022, dall’1.1.2023) l’incentivo c.d. “donne svantaggiate”.

I tre predetti benefici sono subordinati all’autorizzazione della Commissione UE, trattandosi di misure selettive soggette alla disciplina in materia di Aiuti di Stato.

Nell’anno 2023, il RdC sarà rifinanziato con alcuni “paletti”:

–              riduzione della durata (8 mensilità), eccetto che per i nuclei familiari con persone diversamente abili, minorenni, sessantenni o ultrasessantenni;

–              maggiori limitazioni all’accesso alla misura;

–              decadenza dell’Assegno se il percettore non partecipa, dietro verifica della Regione di appartenenza, al programma di formazione/riqualificazione professionale (della durata di 6 mesi) e in caso di rifiuto della prima congrua offerta di lavoro.

Dal 1° gennaio 2024, le disposizioni sul RdC saranno abrogate.

In caso di stipulazione di contratti di lavoro stagionale o intermittente, l’importo del RdC può essere cumulato nel limite di 3 mila euro lordi. Entro tale soglia, il reddito da lavoro non comporta tagli al beneficio economico.

Le prestazioni occasionali prendono posto, nella bozza di Manovra il cui testo (appesantito da emendamenti di varia natura) verrà approvato non prima di Natale, nell’art. 64. Qui viene stabilito che il limite complessivo di compenso affinché una prestazione possa essere definita occasionale non sarà di 5 mila ma di 10 mila euro. La novità riguarda anche le attività lavorative di natura occasionale svolte nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale per un periodo che non superi 45 giorni nell’anno solare. Il lavoratore riceve, per ogni giornata lavorativa, un compenso pattuito per la prestazione in misura pari, almeno, a quella minima fissata per la remunerazione di tre ore lavorative già prevista per il settore. E’ nuova la previsione secondo cui possono ricorrere alle prestazioni occasionali gli utilizzatori che abbiano fino a dieci lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (il precedente limite era fissato in cinque).

Il ricorso al contratto di prestazione occasionale, in relazione al settore agricolo, varrà per tutti i lavoratori. In tale ambito, viene soppresso l’obbligo – posto in capo al prestatore – di autocertificare di non essere stato iscritto, nell’anno precedente, negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

L’AUU – Assegno Unico Universale – viene, con le modifiche alla disciplina istitutiva, equiparato nella misura base dell’assegno per ciascun figlio maggiorenne a carico e disabile, in via permanente alla misura generale prevista per ciascun figlio minorenne a carico.

Contestualmente, la maggiorazione dell’AUU stabilita per ogni figlio minorenne a carico e disabile viene estesa in via permanente per i figli maggiorenni, a carico e disabili, di età inferiore ai 21 anni.

La bozza sopprime gli importi complessivi specifici previsti, dal 2023, per i figli maggiorenni disabili a carico.

La novità sugli AUU inserita nel testo del ddl oggetto di questo contributo sta nella modifica della norma che reca la maggiorazione temporanea – pari a 120 euro – per i nuclei familiari con ISEE non superiore a 25 mila euro. L’importo viene prorogato oltre l’anno in corso, ovvero per le tre annualità di applicazione della misura.

L’art. 66 incrementa la misura della indennità per congedo parentale (commisurata sulla retribuzione) fino all’80 per cento (dal 30), ma: con riferimento esclusivo alla madre lavoratrice dipendente; per il solo periodo, o insieme di periodi, non superiori ad un mese; da fruire entro il sesto anno di vita del bambino (o entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento).

L’incremento non riguarda i casi in cui il periodo di congedo di maternità è terminato entro il 31.12.2022.

Non resta che l’approvazione definitiva e la pubblicazione della Legge di Bilancio per il 2023 in “Gazzetta Ufficiale”, attesa negli ultimi giorni dell’anno. Dal che si vedrà se le previsioni della bozza bollinata a novembre saranno confermate.

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LA RIFORMA DEL LAVORO SPORTIVO

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La riforma del lavoro sportivo. Tra decreto e correttivo, settore sostanzialmente innovato

Ampia è la platea dei lavoratori e dei datori cui la riforma del lavoro sportivo (dlgs n. 36/2021, di riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo), in vigore dal 1° gennaio 2023, riconosce tutela previdenziale e assicurativa. Sono 750mila gli uni, 60mila gli altri.

Non sarà contemplata la figura dell’amatore se non riqualificato come “volontario”, all’interno della generica definizione di “prestazioni sportive dei volontari”, mentre esisteranno normativamente: lavoratori di società sportive professionistiche; lavoratori di società sportive dilettantistiche.

I compensi percepiti nell’area del dilettantismo non costituiranno base imponibile fino all’importo complessivo annuo di 15mila euro. Oltre questa soglia, il reddito sarà assoggettato a tassazione per la parte eccedente. Un indubbio vantaggio, in tale quadro, sarà svolgere l’attività di lavoro sportivo con partita Iva per i soggetti che accedano al c.d. “regime forfettario”: ai compensi percepiti verranno applicati il coefficiente di redditività previsto per l’attività, pari al 78%, e la soglia di esenzione sui primi 15mila euro di reddito. In tal modo, il carico fiscale sarà minimizzato. Sarà anche possibile portare in deduzione i contributi previdenziali versati nell’anno di imposta.

A norma del decreto di riforma – sulla vigenza del quale significative pressioni vorrebbero il differimento ed attendono, perciò, la Legge di bilancio per il 2023, la cui bozza bollinata è pubblicata da fine novembre – i tesserati potranno rientrare tra i lavoratori sportivi, purché svolgano mansioni necessarie per l’espletamento dell’attività sportiva. Vi potranno, cioè, rientrare figure come manager, addetti agli arbitri, osservatori e analisti dei dati.

La “ristrutturazione normativa” operata nel 2021 punta a qualificare i lavoratori sportivi come lavoratori autonomi, lavoratori subordinati o collaboratori coordinati e continuativi. Il rapporto di lavoro subordinato sarà preferito nelle società sportive professionistiche. Costituisce eccezione il caso del lavoratore sportivo non vincolato a frequentare sedute di allenamento. Altra eccezione è una prestazione contrattuale che non supera 8 ore a settimana o 5 giorni al mese, ovvero 30 giorni in un anno (in questa specifica ipotesi, si ricade nel lavoro autonomo).

Per il lavoratore sportivo in ambito dilettantistico, il Legislatore ha introdotto un criterio temporale: se la durata delle prestazioni non supera le 18 ore a settimana (escludendo il tempo dedicato alle manifestazioni sportive), il contratto può rientrare nel lavoro autonomo e nelle collaborazioni coordinate e continuative (dal monte ore va, però escluso il tempo dedicato alla partecipazione alle manifestazioni sportive). Inoltre, le prestazioni devono risultare coordinate in osservanza, sotto l’aspetto tecnico-sportivo, della Disciplina sportiva associata, dell’Ente di promozione sportiva competente o dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali.

Un aspetto di sicuro interesse sta nell’aver previsto la formazione degli atleti. E’ possibile concludere contratti di apprendistato per: la qualifica e il diploma professionale; il diploma di scuola secondaria superiore; il certificato di specializzazione tecnica superiore; l’alta formazione e ricerca. I contratti di apprendistato con giovani dai 15 anni di età agevoleranno la formazione e la cura dei c.d. “vivai”. A proposito di ciò, l’età minima (15 anni), in origine fissata a 18 anni, è stata abbassata dal correttivo al decreto 36/2021, per la sottoscrizione dei contratti di apprendistato professionalizzante stipulati dalle sole società sportive professionistiche.

Resta invariato il limite massimo di età, pari a 23 anni, già abbassato dalla Legge di bilancio per il 2022 rispetto a quello posto a 29 anni in via generale. La Relazione illustrativa precisa che tale ultima modifica è volta a facilitare l’accesso alle professioni di lavoro sportivo, adattando le caratteristiche dell’apprendistato alle specificità dello sport in cui le età di inizio e di cessazione differiscono rispetto a quelle della generalità dei lavori.

Con decorrenza 31 luglio 2023, i giovani atleti non dovranno rispondere al vincolo sportivo: il tesseramento per una squadra non sarà più automatico, a fine annata. Sarà volontariamente rinnovato. Per le società, che con questa pesante novità possono perdere i talenti “allevati”, la norma dispone che sia loro assegnato un premio di formazione tecnica al momento della firma del primo contratto di lavoro sportivo dell’atleta.

Alle società sportive dilettantistiche verrà consentito esercitare attività “diverse, secondarie e strumentali”, se previsto dallo Statuto e nei limiti quantitativi da individuare con decreto. Una specifica della norma: i proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitarie, cessione dei diritti e indennità legate alla formazione degli atleti, o dalla gestione di impianti e strutture sportive, non rientrano nei limiti massimi delle attività “diverse”.

Le realtà dilettantistiche (a condizione che non beneficino dell’agevolazione fiscale della “de-commercializzazione” dei corrispettivi come quote di abbonamento e rette, incassati da soci e tesserati, che non possono distribuire utili) potranno ripartire fino al 50% degli utili prodotti (in ogni caso entro il limite massimo dell’interesse dei buoni postali fruttiferi, aumentato di 2,5 punti rispetto al capitale effettivamente versato); all’80% per quelle che gestiscono impianti e piscine.

Il decreto legislativo 5 ottobre 2022, n. 163 (G.U. n. 256 del 2 novembre 2022), correttivo al decreto n. 36/2021, è uno dei pilastri su cui si fonda la più complessiva riforma dell’ordinamento sportivo. Esso: tende all’armonizzazione tra riforma dell’ordinamento sportivo e codice del Terzo settore; disciplina i cosiddetti lavoratori sportivi (art. 13); individua i soggetti che possono acquisire la qualifica di organizzazioni sportive, facendovi rientrare ogni tesserato che, verso un corrispettivo, svolge mansioni rientranti tra quelle necessarie per lo svolgimento di un’attività sportiva.

Con ordine. Circa l’esigenza di armonizzare riforma e codice, il correttivo prevede che gli enti del Terzo settore siano soggetti esclusivamente alle disposizioni sullo svolgimento dell’attività sportiva (che può non essere principale, se svolte anche altre attività di interesse generale) e, per gli altri aspetti, solo se compatibili con la disciplina del Terzo settore. Tali enti dovranno indicare nello statuto lo “svolgimento stabile dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica”.

Con il correttivo, le organizzazioni sportive potranno avvalersi esclusivamente di:

– volontari, cui poter riconoscere un rimborso a piè di lista (i volontari degli enti del Terzo settore potranno eventualmente accedere al rimborso non forfettario in autocertificazione);

– lavoratori sportivi;

– collaboratori amministrativo-gestionali;

– lavoratori soggetti all’ordinaria disciplina.

I lavoratori sportivi sono soggetti ad una disciplina speciale. Nella qualifica di “lavoratore sportivo” rientrano esclusivamente “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo (nonché) ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale” (che non sono prestazioni di lavoro sportivo).

In questo nuovo contesto cade la possibilità che il lavoro sportivo sia svolto sotto forma di prestazione di lavoro occasionale.

Intanto, i lavoratori sportivi potranno essere qualificati – nella gran parte dei casi – come collaboratori coordinati e continuativi. Se l’impegno è inferiore alle diciotto ore settimanali cui sommare l’impegno per manifestazioni sportive, è prevista una presunzione di legge di tale natura. Per impegni superiori, viene consigliato di ricorrere alla certificazione del contratto.

Ad essi spettano la tutela Inail; la copertura previdenziale presso la gestione separata Inps, ma solo sul plafond superiore a 5.000 euro percepito (l’aliquota è del 25%, 24% se hanno una diversa tutela previdenziale, con riduzione del 50% fino al 2027 e con il consueto riparto di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del collaboratore). Avranno accesso alle tutele Inps relative a malattia, maternità e disoccupazione. Verseranno, infine, l’IRPEF esclusivamente sull’importo che supera i 15.000 euro.

Le semplificazioni per i collaboratori coordinati e continuativi

Chi non percepisce più di 5.000 euro è esonerato dalla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto e dalla comunicazione mensile all’Inps dei dati retributivi e delle informazioni utili al calcolo dei contributi. Non va emessa, poi, busta paga per chi non supera i 15.000 euro.

I lavoratori dipendenti?

Per questi è previsto un contratto a tempo determinato: al massimo cinque anni, eventualmente prorogabili. Per quanto concerne la tutela previdenziale, è previsto il versamento al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (ex Enpals) gestito dall’Inps (33%, di cui il 9,19% a carico del dipendente, a cui si sommano le aliquote minori).

Infine, i collaboratori amministrativo-gestionali, come più sopra accennato, non sono qualificati come lavoratori sportivi ma hanno accesso alle medesime agevolazioni fiscali e previdenziali previste per le collaborazioni coordinate e continuative. Non sono lavoratori sportivi, perciò non opera nei loro riguardi la presunzione della natura di collaborazione coordinata e continuativa per cui sarebbe opportuno certificare i contratti. La presenza di indicatori di subordinazione gerarchica determinerebbe la conversione del rapporto in lavoro subordinato in questo caso a tempo indeterminato.

Due sono le disposizioni di salvaguardia introdotte:

  1. per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima dell’operatività del dlgs 36/2021 e inquadrati come compensi sportivi, non si dà luogo a recupero contributivo;
  2. istruttori, direttori tecnici e altre figure già iscritte al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo possono optare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, per il mantenimento del regime previdenziale già in godimento.

Per ultimo, viene modificato l’elenco di chi – tra gli iscritti nel Registro delle attività sportive dilettantistiche – può assumere la qualifica di organizzazione sportiva: reintrodotte le cooperative sportive vengono, invece, eliminate le società di persone e vengono introdotti gli enti del Terzo settore. Si pone il problema della qualificazione come sportiva della organizzazione che si limita a promuovere attività didattiche sportive – come la ginnastica per la salute e per il fitness – così come dell’organizzazione che si limita alla preparazione degli atleti che partecipano alle manifestazioni agonistiche. Sono attese precisazioni che stabiliscano se a buona parte delle organizzazioni sportive di tale natura sarà preclusa la possibilità di qualificarsi come tali.

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